giovedì 17 dicembre 2009

Quando a Livorno sfrecciava il... nonno di Schumacher


La "Coppa Montenero" storica corsa automobilistica in circuito, si disputava a Livorno fino agli anni'20 del novecento a metà estate, e divenne famosa negli anni'30 tra i Prix Internazionali rappresentando per due volte ufficialmente il "Gran Premio d'Italia".

Il circuito con partenza dalla rotonda di Ardenza traversava il centro e saliva per il colle di Montenero scalando il Castellaccio, e tra la macchia scendeva sul Romito immettendosi nell'Aurelia a Castel Sonnino e lungocosta in saliscendi passava da Calafuria e Castel Boccale, poi percorreva il rettifilo a sud di Antignano e quello dell'omonimo viale sul lungomare in zona balneare, quindi tornava alla rotonda di Ardenza dove era situato l'arrivo dopo aver compiuto un multiforme itinerario per una lunghezza totale di circa 20 Km.

Il tortuoso percorso ripetuto per vari giri era estenuante
; tormentato da oltre 100 curve, in salita misto veloci e lente a tornanti, ed in discesa velocissime, in rapida sequenza, a slaloom, a raggio variabile e prive di protezioni da alberi e precipizi, taluni a picco sul mare.

I piloti si stremavano in frenetici cambi di marcia, usurando freni e gomme, impegnando a fondo le monoposto da corsa, specie le pià pesanti e poderose, che nei lunghi rettilinei ai lati di Antignano lanciavano a velocità impressionanti tra i pali e la rete aerea dei filobus.

Il "Circuito di Montenero" duro banco di prova per uomini e macchine, ricordava la conformazione del Nurburing in Germania, ma aveva il fascino di essere incorniciato dal Mar Tirreno visibile da ogni parte del tracciato di gara, che saliva fino a 300 mt. di altezza al Valico del Castellaccio, che separa il versante nord con la splendida veduta panoramica di Livorno fino a Pisa, dal versante sud donde l'orizzonte si allunga all'Isola d'Elba ed oltremare ad intravedere la Corsica.

Apprezzato dagli squadroni tedeschi delle Mercedes 16 cilindri e delle strapotenti Auto Union a motore posteriore, era teatro di epici duelli con i ruggenti e agili bolidi rossi delle Alfa Romeo e delle Maserati, nei tempi in cui la Ferrari era ancora nei sogni dell'ingegner Enzo.

Erano sfide leggendarie di corridori del passato, tra i famosi rivali ed amici italiani Nuvolari e Varzi e gli assi germanici Caracciola e Rosemeyer, che a bordo di argentei e sibilanti "mostri" da 6 litri, con oltre 500 hp. raggiungevano velocità intorno ai 300 Kmh.

Titolato "Coppa Ciano" per il livornese medaglia d'oro con D'Annunzio, attirava migliaia di presenze, sportivi assiepati lungo il percorso, equipe di varie nazioni, staff di tecnici e meccanici, cronisti, ed i più amati piloti dell'epoca che simpatizzavano con il pubblico come il grande Tazio Nuvolari, amante di Livorno e vincitore di 5 coppe, ricordato dagli appassionati in un tornante del Castellaccio detto "curva Nuvolari", primo pilota ad intraversare il bolide prima delle curve derappando su 4 ruote!

Livorno e il suo circuito erano di questi "eroi", che affascinavano le folle e la "Montenero" era il grande evento, tecnico e sportivo eccezionale, irripetibile ai nostri tempi, su una fantastica pista ricavata tra mare e monti e che replicata nel tempo fu per due edizioni nel 1932 e nel 1934 il "Gran Premio d'Italia".

giovedì 10 dicembre 2009

L'Annunciazione di Avane di Paolo Uccello in un volume di Giovanni Malanima


L'ultima produzione saggistica di Giovanni Malanima, edita da Pagnini, ha per titolo "L'Annunciazione di Avane". L'opera artistica è una piccola predella, oggi custodita in una saletta nascosta del Museo di San Marco a Firenze e faceva parte di un'Annunciazione dipinta nel 1452 e trafugata alla fine del XIX secolo. Il dipinto, unanimemente attribuito dalla critica a Paolo Uccello dopo gli studi di Roberto Longhi (1940), proviene da Cavriglia, in Valdarno, luogo stravolto nel Novecento per sfruttare le miniere di lignite. Anche la chiesa/oratorio di Santa Maria in Avane è stata demolita alla fine del Novecento per fare spazio alle cave a cielo aperto. Il saggio di Giovanni Malanima ripercorre cronologicamente, grazie ai documenti rimasti, le vicende dell'opera, indagando anche sulla sua misteriosa committenza e sul contesto territoriale e religioso in cui è stata conservata. La predella reca il nome di Giovanni di Antonio Del Golea, committente di cui non si ha altra notizia e, sui bordi laterali, vi sono due stemmi gentilizi. Il saggio contiene anche una breve traduzione in inglese ed una ricca documentazione iconografica.

Nicoletta Curradi

martedì 1 dicembre 2009

La nuova guida su Sorano a cura di Renzo Vatti



Presentata a Firenze alla Sala Ferri del Gabinetto Vieusseux il 30 novembre, ecco la nuova guida del giornalista Renzo Vatti dedicata a Sorano. E'un viaggio pieno di cuoriosità nella Maremma piu' antica e suggestiva intitolato 'Alla scoperta della terra del Tufo: Sorano, Sovana e dintorni' (Mosaico Edizioni Firenze, 80 pagine, 10 euro). Si tratta del cuore della vecchia Maremma (le terme, la natura, la storia, la cultura, le tombe etrusche, le tradizioni) e l'autore aiuta a capire e a amare queste localita', meno note ma non per questo meno belle e meno interessanti, ripercorrendo il lungo cammino
storico, caratterizzato da momenti di fulgore e da altri di decadenza ma sempre affrontati con intensita' e passione. Per le sue caratteristiche il libro sara' diffuso in tutte le scuole della zona.
In 160 chilometri quadrati, sottolinea Vatti, c'e' una straordinaria concentrazione, per qualita' e quantita', di beni artistici e storici, inseriti in un ambiente di rara e incontaminata bellezza. Varie epoche - diversissime fra loro - etrusca, romana, medievale, si sono impastate con il tufo creando un'amalgama eccezionale e lasciando tracce profonde e indelebili della loro presenza in una stratificazione quanto mai suggestiva.
Alla presentazione del volume sono intervenuti il Sindaco di Sorano, il giornalista Pierandrea Vanni e Maria Luisa Stringa Presidente dell'Unesco, ente da sempre molto interessato al territorio di Sorano e Sovana. Importante sottolineare l'impegno di Enel nell'illuminare parti del territorio, per esempio la Tomba Ildebranda.

Fabrizio Del Bimbo