lunedì 5 maggio 2008

Caterina Picchena

Era una dissoluta od una ribelle? Certamente, data l'epoca in cui visse, fu un anticipatrice del femminismo e delle moderne telenovele.

Ma chi era questa donna rivoluzionaria?
La storia che vogliamo riassumervi è quella di Caterina Picchena: marchesa, ereditiera di uno dei più noti casati di San Gimignano; dal padre potentissimo che era quel Curzio Picchena che fu Segretario di Stato del Granduca Cosimo II de' Medici e Senatore.

Caterina orfana di madre fu educata da un Parroco e da un Abate che ben presto approfittarono della sua straordinaria bellezza. Incinta a 15 anni e con ragionevoli dubbi sulla paternità, fu fatta sposare al Marchese Lorenzo di Altobianco Buondelmonti dal buon casato, ma gravemente malato di tisi.
Caterina Picchena garantì "regolarmente" un erede al Buondelmonti, a cui fu dato il nome di Mondino. Ma la vita coniugale, con una marito malato era noiosa e la nostra si trovo ben presto un amante in un paggio del Cardinale Carlo de' Medici fratello del Granduca.
Dopo due anni partorì un altro maschietto con gran gioia di marito ed amante! L'adulterio occultamente amministrato si protrasse fino a che il Buondelmonti, finito dalla tisi non rese l'anima a Dio.

Vedova a 32 anni, la Picchena era decisa a sposare il suo paggio ma non avena fatto i conti con il Cardinale de' Medici - padrone del suo paggio - che notoriamente lussurioso voleva Caterina per se ed obbligò il suo paggio a combinare un incontro.
Scoperto l'inganno, la marchesa venne scacciata dal Cardinale e fu soccorsa da un abile spadaccino francese, l'aitante Capitano Marziale Frains d'Aix. Non solo per riconoscenza, la Picchena si invaghì di lui, e promise di sposarlo a patto che avesse sfidato a duello il paggio traditore. Duello che avvenne regolarmente ed in cui il paggio ci lasciò la vita. Ma i guai per Caterina Picchena non erano certo finiti.
Nella sua vita si inserì il cognato Don Alessandro Buondelmonti pievano di Impruneta, che intendeva arricchirsi facendo fare carriera eclesiastica ai due marchesini e non era quindi daccodo sul fatto che Caterina sposasse il suo francese. Ma i tempi stringevano poiché ella era nuovamente incinta e il cognato impose di avere il terzo figlio come figlio naturale (cosa fra l'altro di moda fra i nobili). Nacque così un terzo maschietto, senza casato, a cui venne dato il nome del nonno: Curzio.
Sfortuna volle che l'uccisione del paggio fosse scoperta e così il Granduca fece rinchiudere Caterina Picchena in un ospizio per donne traviate e il francese obbligato a sparire in Francia. Ben presto, però, chiese ed ottenne la grazia a patto che si isolasse, con il figlio, nel suo castello. La sua irruenza la portò ben presto, anche per la nostalgia del suo francese, a fuggire. Si imbarcò da Livorno con il figlio su un peschereggio e giunta in Francia, riuscì a rintracciare lo spadaccino; che però, dopo averle spillato una bella somma di danaro, sparì questa volta di sua volontà.

Disperata la Picchena, che voleva dare un padre al suo figlio, si decise a sposare il pescatore che l'aveva condotta in Francia che aveva 20 anni meno di lei.
Tornata in Italia, sperava che tutti si fossero dimenticati di lei; ma così non fu perché i perfidi Don Alessandro ed il Cardinale de'Medici, intervennero presso il Granduca riesumando tutte le accuse contro di lei. Accusata di libidine, scandalo per le sue nozze con il giovane pescatore e per la violazione dell'isolamento a Picchena, venne rinchiusa, senza processo nella fortezza di Volterra. Non le fu concesso né di uscire di cella, né di avere colloqui con il figlio Curzio che le venne sottratto e di cui non si seppe più nulla. Al marito fu imposto di lasciare la Toscana entro le 24 ore.

Persa questa volta ogni speranza, Caterina Picchena si ridusse ad uno stato bestiale e morì in carcere, dimenticata dal mondo a 50 anni.

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