Ghinotto di Tacco detto "Ghino" nacque da uno dei più importanti casati senesi: la famiglia Cacciaconti Monacheschi Pecorai alla Fratta antico feudo posto tra Torrita di Siena e Asinalunga (l'odierna Sinalunga).
Il padre, Tacco di Ugolino, assieme al fratello e ai suoi due figli, commetteva furti e rapine; aveva tra l'altro appiccato il fuoco al castello di Torrita e fu condannato per aver ferito gravemente Jacopino da Guardavalle.
Il Comune di Siena combatté molto contro Tacco ed alla fine, nel 1285 lo catturò assieme al fratello ed al figlio minore Turino. Furono torturati e giustiziati nella piazza del Campo l'anno seguente, su sentenza del famoso giurista Benincasa da Laterina.
Ghino però continuava a "scorrazzare" ed è appurato che nel 1290 Siena indagava sulla sua intenzione di costruire una nuova fortezza tra Sinalunga e Guardavalle. Ghino a questo punto, bandito dal contado senese e si rifugiò, a Radicofani, punto di collegamento e territorio conteso tra il dominio Pontificio e lo Stato di Siena.
Qui i viandanti - Radicofani era posta in corrispondenza del tracciato della via Francigena - venivano attirati in imboscate e derubati di ogni loro avere; dovevano accontentarsi in cambio, di un banchetto che veniva loro offerto dal bandito in persona!
Ghino di Tacco fece di Radicofani la propria signoria ed il proprio covo. Era però una sorta di Robin Hood ante litteram, che prima di estorcere si informava sui reali possedimenti della propria vittima, lasciandole sempre di che vivere!
Ma in cuor suo serbava sempre spirito di vendetta contro il giustiziere del padre e così partì per Roma, al comando di quattrocento uomini, entrò in tribunale e tagliò la testa del giudice Benincasa (episodio riportato da Dante nella Divina Commedia Purg. VI 13,14).
Tornò poi a Radicofani dove continuò ad esercitare "l'arte della rapina". Divenne leggendario per la sua spavalderia, ma indubbiamente potè però contare su un covo imprendibile (una rocca talmente potente che neppure le truppe imperiali e medicee, con i loro potenti cannoni, riusciranno nel 1555 a prendere).
Ma la leggenda di Ghino andò ben oltre!
Boccaccio ci narra infatti - nella II novella del Decameron del X giorno - il trattamento da lui riservato all'abate di Clunj, che diretto a Roma, aveva deciso di recarsi alle acque termali di San Casciano dei Bagni per curare un mal di stomaco.
Ghino catturò l'abate, lo fece rinchiudere nella rocca nutrendolo soltanto con pane e fave secche. Questa ferrea dieta però, guarì prodigiosamente l'Abate dal suo mal di stomaco e così egli, riconoscente, intercesse presso il papa Bonifazio VIII per una riconciliazione con Ghino.
Il Papa si convinse e addirittura nominò Ghino Cavaliere di S.Giovanni e Friere dell'ospedale di Santo Spirito. Si adoperò in favore di Ghino anche con la Repubblica di Siena ottenendogli il perdono!
Il luogo della morte di questa leggendaria figura è incerta, alcuni lo dicono morto a Roma, mentre altri lo vogliono assassinato ad Asinalunga. Tra questi ultimi vi è Benvenuto da Imola - abbastanza attendibile perché vissuto non molto tempo dopo - che di Ghino ha tra l' altro, detto "non fu infame come alcuni scrivono... ma fu uomo mirabile, grande, vigoroso..." contribuendo all' opera di riabilitazione del personaggio.
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